“Correva l’anno 1889, molte navi affondarono misteriosamente negli oceani. Mentre tra la gente si sparse la voce di un mostro marino che dimorava negli abissi fin dall’antichità, i capi di stato presero ad accusarsi l’un l’altro di far uso di nuove armi e la tensione internazionale crebbe. Era un’epoca che viveva il più straordinario sviluppo tecnologico e scientifico dai tempi della rivoluzione industriale, e dove le grandi potenze si scontravano senza sosta per il dominio coloniale di Asia e Africa. Così, alla fine del 19° secolo, gli uomini di buona volontà guardavano con ansia crescente l’avvicinassi di un conflitto mondiale.”

Esattamente 30 anni fa andava in onda il primo dei 39 episodi che avrebbero composto il ciclo narrativo di Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra (Fushigi no umi no Nadia), anime di Studio Gainax, diretto da Hideaki Anno, che di lì a qualche anno avrebbe raggiunto la fama internazionale con Neon Genesis Evangelion. E’ innegabile che Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra abbia segnato un punto di non ritorno nell’animazione nipponica e, tutto sommato, anche per noi che, ai tempi adolescenti, avevamo iniziato a guardare con altri occhi la prima, storica ondata di anime giapponesi, sperando di vedere qualcosa di più sofisticato e meno lineare. Beh, Gainax aveva la risposta pronta.

La storia produttiva di Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra è, come spesso capita con le pietre miliari dell’animazione giapponese, specie da Akira in avanti, la storia di un fallimento commerciale: la serie, costosissima, rischiò di mandare in bancarotta Gainax (con il regista ricoverato in ospedale a causa di un esaurimento nervoso per il sovraccarico di lavoro), che per anni dovette “galleggiare”, fino all’arrivo del ciclone Evangelion, che portò una cascata di yen, ricchezze e fortune (non subito, come noto, visto che il primo passaggio televisivo venne quasi ignorato). Curiosamente, l’idea iniziale di realizzare un anime tratto o ispirato alle opere di Verne venne in primis proprio a Miyazaki, che poi scartò l’idea, ripresa anni dopo da NHK, desiderosa di proporre al pubblico una serie simile a Laputa.

Se amate l’avventura, Jules Verne, i misteri, i personaggi apparentemente semplici ma in realtà complessi e i diversi livelli di lettura che può avere un’opera apparentemente innocua e tradizionale, beh, Nadia è pane per i vostri denti. Hideaki Anno, ispirandosi al Conan di Miyazaki, ma mettendoci moltissimo di suo, continuò idealmente il percorso iniziato qualche anno prima con Punta al Top! GunBuster (1988) e che avrebbe poi completato con Neon Genesis Evangelion (1996): personaggi iconici e “di rottura” rispetto alla tradizione (Nadia, sfrontata ed emancipata ha la pelle scura e forme accattivanti, anche se fortunatamente lontane dal classico fan service), una storia avvincente ma capace di permettere riflessioni più mature e profonde su svariati argomenti (il ruolo della scienza e del progresso, l’ambientalismo, il futuro dell’umanità e la ragione della sua esistenza), i mille riferimenti ad altre opere animate giapponesi (da Yattaman a Il tulipano nero, da Conan a Yamato).

Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra è celebre in Italia, ahimè, anche per il pessimo adattamento realizzato da Mediaset, una costante a quei tempi, a partire dal titolo (Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra è molto evocativo, ma Fushigi no umi no Nadia starebbe per Nadia nel mare delle meraviglie), per continuare con censure e tagli, specie nelle scene più violente e “sexy” (diciamo così), dialoghi e citazioni cambiate e eliminate…. Fortunatamente nel 2003 Yamato Video realizzò per l’home video una versione riveduta e corretta, fedelissima all’originale giapponese. Nadia e il Mistero della Pietra Azzurra, nonostante i 30 anni sul groppone, è ancora un anime godibile e concettualmente attualissimo, specie quando ci ricorda che l’uomo deve trovare il giusto equilibrio tra scienza e natura, se vuole sopravvivere sulla Terra…

“Sei uno spirito avventuroso? Nelle leggende cerchi forse la verità che dimora remota e nascosta oltre le terribili cascate del pericolo? Allora è me che cercherai…”.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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